Si sa le favole del volemose bene sono accattivanti.
Forse John e Andrea, Andrea e John, coetanei, vivono una complicità disinteressata, cresciuta all’ombra dei giochi comuni e delle passioni comuni.
Forse John e Andrea, Andrea e John, non hanno litigato mai, neppure da bimbetti e manco quando arrivava Lapo che voleva giocare a fare l’Imprenditore.
Magari si sono innamorati anche della stessa ragazza, forse cugina, John e Andrea, Andrea e John.
Credere però che quanto stia accadendo alla Exor in questi giorni ed alla Juventus in particolare, sia il frutto di inviti ad assumere responsabilità e cariche, come quando da piccini ci si regalava la macchinine o il pallone, significa essere degli inguaribili romantici per giunta ingenui.
Il risultato disastroso della Juventus di questi anni è inversamente proporzionale alla ricostruzione di una parte della famiglia che ha consolidato il suo potere.
Per John era arrivato il momento di prendersi il raccolto di questi anni. C’era la Fiat e c’era la Juve.
Sulla Fiat nessun problema. Ma la Juve, defenestrata ed impoverita sul campo, per motivi di opportunità non poteva essere sua.
Le contestazioni e gli insuccessi hanno prima fatto tornare Bettega. Inevitabile aprire le braccia al cugino Andrea, l’unico che, con la nomina, ha portato una ventata di aria fresca che ha calmato anche gli animi più rancorosi.
Perché è vero che lo juventino vuole vincere sul campo come sempre ha fatto. Ma non vuole perdere ciò che ha vinto per le farse costruite ad hoc chissà per quale economico mistero.
Ma John vigila e con lui i numi tutelari della famiglia. Sia il neo presidente della Fiat, sia l’avvocato Franzo Grande Stevens si precipitano a chiarire che lo scudetto del 2006 vada revocato, ma che le sentenze non dovranno essere riscritte.
Perché? Dov’è l’arcano? E’ solo onorato merito di trasparenza sportiva?
No John, non chiedere ad Andrea di tacere su calciopoli.