DA GolBlog nasce PARATADIZOFF

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lunedì 31 gennaio 2011

L'emisfero parallelo della fortuna


Il momento della Juventus può sembrare paradossale, ma per certi aspetti anche logico.
Può apparire noioso e ripetitivo, ma non si può non iniziare un’analisi senza scomodare l’onda lunga che proviene dal 2006.
La serie B ed una squadra devastata hanno preceduto una pessima ricostruzione. Di fatto la ricostruzione non è mai iniziata, ma l’allegra comitiva del Cobolli Gigli e del nefasto Blanc, hanno procurato laceranti ferite in termini di nuovi arrivi e rispettive valutazioni, sperperando quel piccolo tesoretto che la proprietà aveva messo loro a disposizione.
Ipervalutazioni di calciatori in entrata, ed assoluta mancata conoscenza del mercato, hanno dilaniato una squadra che allo stesso tempo invecchiava negli esponenti più forti e s’indeboliva nei nuovi arrivi. Senza contare che qualche partenza si poteva pure risparmiare, vedi Criscito.
Con questi presupposti, il ritorno di Andrea Agnelli in società, nonostante possa apparire da effetto calmierante per una piazza insofferente alle sconfitte, non poteva d’immediato stravolgere le condizioni di una squadra molto lontana dalle forze organizzative, di mercato e di struttura tecnica come quelle di Inter e Milan.
E’ vero che ci si aspettava comunque di accorciare le distanze, almeno con la Roma, e di costruire una squadra che fosse superiore al resto delle concorrenti.
Purtroppo dobbiamo fare i conti con una serie di intoppi che invece ci fanno ripiombare tristemente nello scorso inverno, quando Ferrara venne esonerato e lentamente si naufragò su tutti i fronti.
La fortuna aiuta gli audaci, ma in questo momento entrambi i sostantivi non ci sono vicini. Se si vuole fare una critica seria al momentaccio che stiamo vivendo in questa stagione, non si può prescindere che la rosa, già di per sé incompleta ed inadeguata per la lotta al vertice, paga lo scotto di numerosi infortuni che ne penalizzano fortemente il rendimento ed il cammino.
Senza voler creare degli alibi in tema di vicissitudini sanitarie e di arbitraggi alquanto poco sereni, che comunque questi ultimi è utile sottolinearlo a scanso di equivoci di chi legge, non hanno determinato sconfitte ed insuccessi, ma solo considerazioni di carenza di voce del club, la squadra è entrata nell’emisfero parallelo della peggiore sfiga.
Poi è altrettanto vero che qualche errore si è continuato a farlo. In tema di mercato non si sono capite alcune valutazioni su certi acquisti, vedi Martinez, la cessione di Trezeguet, il pessimo intervento sull’inserimento di una coppia di esterni bassi di valore, l’improvviso arrivo di Toni, e per concludere, da un punto di vista diciamo "politico", l’infinita pazienza nell’attendere risposte sull’esposto presentato in termini di giustizia sportiva.
In tutti i modi, questo non è il momento di prendersela né col tecnico, né con i giocatori.
Probabilmente è il momento di forzare la mano per pretendere maggiore attenzione da parte della proprietà, affinchè, sebbene sia l’anno zero-bis della ricostruzione, di errori nei prossimi mesi non ce ne siano più, senza dimenticare che per vincere servono i Pazzini e gli Ibrahimovic.

sabato 29 gennaio 2011

Ok pazienza, ma torniamo antipatici



Andrea Agnelli si annoia a sentire Moratti su calciopoli. Il presidente dell’Inter lo definisce “giovin signore”.
Italo Cucci alla “domenica sportiva” li invita a smettere dicendo che è ora di finirla di parlare di calciopoli.
Italo Cucci è libero di non voler sentire parlare più di calciopoli, anche se un buon giornalista dovrebbe avere la curiosità sempre di approfondire notizie e fatti. Evidentemente il decano giornalista volge verso qualche cattedra da tromboni dedicata al defunto Candido Cannavò.
Visto che invece altri desideriamo parlare di calciopoli, pretendiamo che la federazione prenda posizione sull’esposto presentato dalla Juve in maggio.
Anzi, è fondamentale andare giù duro, richiamare alle responsabilità Abete, visto che Palazzi ama oziare in procura.
Consapevoli che questa situazione è figlia anche dell’inoperosità “elkaniana” del 2006, occorre che la Juventus si riprenda con i denti e con le unghia quella posizione di forza e di prepotenza che le competono.
Torniamo ad essere antipatici e monitoriamo tutto l’ambiente, reintroducendo nei programmi televisivi uomini di matrice bianconera.
E’ fondamentale ricostruire sul campo, ma anche fuori.

venerdì 28 gennaio 2011

Smarrimento bianconero



Sono cinque anni di errori ed orrori.
Non è certo la giusta eliminazione di ieri sera in coppa Italia contro la Roma a creare smarrimento nell’animo del tifoso juventino, ma tutto un corollario di interventi, decisioni, strategie e progetti, che messi uno di fianco all’altro sarebbero meritevoli di aggiungersi ai tanti sacchi di lordume posti all’aperto di qualche via nella bella Napoli.
Del resto gli errori si pagano e la Juve li sta pagando a caro prezzo.
Ma dell’emisfero della famiglia Agnelli, solo la Juve paga dazio.
Se la genesi di farsopoli è stata costruita a tavolino a Milano, possiamo affermare che Torino è complice.
Il primo errore consumato dall’imberbe John Jacob Philip Elkann, è stato quello di accettare come venisse colpita la squadra di suo nonno e di suo zio senza opporre alcuna resistenza. Ma quanto accaduto nel 2006, non è stato solo un atteggiamento passivo della proprietà, ma un vero e proprio interventismo autolesionista che ha sancito di fatto la cancellazione del club dalla stretta schiera delle grandi del calcio mondiale.
Periodi di crisi, di mancanza di vittorie, possono capitare a tutti ed in qualsiasi momento, ma quando queste sono frutto di un intervento chirurgico architettato a tavolino come la farsa del 2006, a cui hanno fatto seguito le scelte scellerate di casa Agnelli, lo sfracello è garantito.
La Juve è stata condannata e mercanteggiata per avere sostegni in altri comparti. Non si può non pensare alla Fiat che già nel 2006 contrabbandò aiuti dal governo Prodi. Non si può non pensare alla rinuncia al Tar perché il campionato doveva partire perché legato ai milioni di Sky.
Da allora abbiamo assistito all’elogio dell’idiota di turno che è passato sotto la Mole, incompetente, freddo, disinteressato alla causa bianconera, sostenuto ed assistito anche dalla complicità di noi tifosi, che ci siamo fidati di gente che ha preferito Poulsen a Xabi Alonso, ha preso Grygera e Motta che farebbero panca anche a Grosseto.
La Juve di oggi somiglia sempre più ad un conte caduto in disgrazia, che preferisce grattarsi le pulci di nascosto, ma passeggia orgoglioso mostrando lo stemma del suo nobile casato, incurante se qualcuno non lo degna neppure di alcuna riverenza.
Persino l’investitura di Andrea Agnelli, che aveva portato tanto entusiasmo la scorsa primavera, si è raffreddata tantissimo, lasciando spazio alla maliziosa idea di un repulisti di facciata, per togliere dall’imbarazzo il cugino John Jacob Philip e consentire alla famiglia di continuare ad operare in assoluta tranquillità.
E non si dica come ha dichiarato ieri Oscar Damiani che nei prossimi cinque anni la Juve sarà il club all’avanguardia perché l’unico italiano ad avere uno stadio proprio.
Non è sufficiente. In Inghilterra il Newcastle l’anno scorso era in championship nonostante il bellissimo stadio di sua proprietà.
E’ inutile continuare a trastullarsi su sogni puntualmente disillusi dalla realtà.
Occorre che la famiglia Agnelli (o ciò che ne rimane) si faccia un esamino di coscienza e ci dica quali intenzioni abbia. E’ necessario che ci sia un dirigente sullo stile di Antonio Giraudo, affinchè si riprenda un cammino serio, un cammino da Juve.

martedì 25 gennaio 2011

La genesi di farsopoli


Moratti torna a parlare di calciopoli. Esentato dal presentarsi nell’aula del tribunale di Napoli per espressa rinuncia da parte dei legali della difesa, si attende ancora che qualcuno gli dia audizione in Procura Federale. Ma Palazzi è più affaccendato a trascorrere gli ultimi mesi di ozio del suo quinquennale incarico fondato su ronfi e sereni dondolii.
Messer Murattun ha detto "Il fatto che l’Inter abbia vinto dopo Calciopoli dimostra quanto questa sia stata una vera truffa per il calcio italiano, una prova in più di quanto stava accadendo. Era frustrante quando dicevano che spendevo e non vincevo. Calciopoli è stata una cosa veramente volgare oltre ad una fregatura economica"
Ci sono mezze verità in questa dichiarazione del novello "boss" del calcio italiano. Senza calciopoli l’Inter avrebbe continuato a non vincere, o almeno non avrebbe vinto quello che ha vinto in questi anni.
Troppo forte la concorrenza di Juventus e Milan, troppo diverse le gestioni dei club.
L’unto della "Madunina" provava ad inserirsi in un contesto la cui preparazione, conoscenza dell’ambiente, preferiva la gestione aziendale dei Moggi e Galliani. All’Inter non era proibito vincere, diciamo che ha perso qualche occasione se si pensa al 5 maggio.
Pur mancando di una gola profonda o di un improvviso wikyleaks, le nebbie sul concepimento di farsopoli si diradano.
Moratti ha capito che Milan e Juventus sono una spanna sopra. Con Tronchetti decidono di passare alla guerra. Utilizzano la Telecom per le intercettazioni telefoniche, ma comprendono bene che questo strumento da solo non porta molto lontano. Dagli intercettazioni telefoniche non ci sono notizie di reato. Occorre dunque costruire l’opinione pubblica.
Il momento inoltre è molto ghiotto, perché in casa Agnelli c’è un vuoto di potere. Esiste a Torino una lotta ereditaria in un contesto molto più ampio di quello calcistico che distrae i componenti della famiglia. Nella convinzione che dal Piemonte ci si possano attendere solo reazioni morbide, ci si muove all’interno di qualche procura, ma soprattutto all’interno di qualche giornale. La deflagrazione del caso coinvolgerà anche gli altri media se non vorranno perdere importanti fette di mercato.
Eppoi ci sono i carabinieri. Ne trovano uno dal nome simpatico e mediatico, e gli affidano come consulente il giornalista Maurizio Galdi della Gazzetta dello Sport. I tratti della farsa cominciano a prendere forma, ma niente paura, prima si fanno i prodotti, poi si convincono i consumatori. E’ così che funziona nel mondo del marketing!
Eppoi di personaggi infelici nel mondo del calcio se ne trovano a iosa. Oppure nemici acerrimi che non la mandano giù la tracotanza di quel dirigente che monopolizza amicizie dappertutto, televisioni comprese. Ecco allora i Baldini di turno che annusano l’occasione della propria vita: scalciare l’odiato nemico e ricoprirsi d’oro su un campo completamente libero. Tant’è che in piena calciopoli, con Capello ancora sulla panca della Juve, madama chi contatta per il ruolo di esperto di calcio? Proprio Baldini!
Uccisa la Juventus, ferito il Milan, l’Inter costruisce i suoi successi, sconvolgendo la geografia del calcio italiano. Se prima imperavano Juventus e Milan adesso c’è solo l’Inter del figlio di Angelo. I nerazzurri non hanno rivali né sul campo, né sul mercato, né dietro le scrivanie, neppure in televisione. Ogni programma di calcio ha l’esperto interista. Alla domenica sportiva c’è Salvatore Bagni e quando manca lui si affaccia Evaristo Beccalossi. E la Gazzetta? La Gazzetta resiste. Il mondo juventino, quello vero, è su un isolotto sperduto, la stragrande maggioranza addirittura crede ciecamente in Paparesta chiuso nello spogliatoio a Reggio Calabria. Per la Gazzetta adesso c’è il trionfo. Perché ha vinto con l’Inter di Moratti e riprende terreno nel sostegno al Milan. Milano capitale del calcio.
Signori, la farsa è servita come nei migliori bar di Caracas!

domenica 23 gennaio 2011

C'è Juve e juve



A Genova c’era la juve. Non la Juve, ma la juve, quella con la gey minuscola, quella che schiera Amauri in attacco per la quiete dei portieri avversari, quella dei Motta che guadagnano da calciatore ma lavorano da maniscalchi, e quella dei Grosso che comunque un contratto ancora ce l’hanno.
Buffon ringrazia Pazzini quanto Curci osanna Del Piero, e lo zero a zero al termine dei novanta minuti, è un risultato giusto in una gara resa nervosa dal terreno di gioco, dal freddo e dalla modestia di alcuni protagonisti.
L’Inter ha perso, ma la juve, non la Juve, ma la juve rimane piccola, dal centrocampo grigio, dall’attacco asfittico, dalle linee esterne basse raccapriccianti, dal Pepe piccante, dal Krasic stanco ma almeno in corsa, dal Buffon inoperante, dal Del Piero influenzato ma molto tonico e da un Martinez, che quando entra in campo, fa girare finalmente una juve che vorrebbe diventare Juve, ma che rimane tristemente juve. Il dubbio che in questa juve anche il tecnico non abbia la “d” maiuscola.
Saranno parole di un Juventino che ancora non riesce ad appiattirsi ad essere juventino. Forse un Juventino che mal sopporta che in certi momenti della stagione bisogna accontentarsi e saper gestire le forze atletiche e fisiche in una Juventus, che non riesce proprio a tornare Juventus.

I miei voti:

Sampdoria-Juventus 0-0

Sampdoria (4-4-2): Curci 6; Zauri 6, Volta 6, Lucchini s.v.(pt 9’ Accardi 6), Ziegler 5,5; Mannini 6, Palombo 6, Poli 6,5, Guberti 6; Pazzini 5(st 14’ Pozzi s.v., st 24’ Tissone 6,5), Macheda 5,5. In panchina: Da Costa, Cacciatore, Accardi, Dessena, Koman All.: Di Carlo


Juventus (4-4-2):Buffon 6; Motta 5, Bonucci 6, Chiellini 6, Traorè s.v.(pt 1’ Grosso 6); Krasic 6(st 10’ Del Piero 6), Sissoko 5,5, Aquilani 5,5(st 38’ Martinez 6,5), Marchisio 5,5; Pepe 6, Amauri 5. In panchina: Storari, Legrottaglie, Grygera, Salihamidzic. All.: Del Neri


Arbitro: Valeri di Roma 7(Cariolato, Rossomando IV uomo Rizzoli.)

Note. Recuperi 3’ e 4’.Ammoniti: Motta, Pepe, Chiellini, Sissoko, Marchisio. Guberti, Mannini.