Il momento della Juventus può sembrare paradossale, ma per certi aspetti anche logico.
Può apparire noioso e ripetitivo, ma non si può non iniziare un’analisi senza scomodare l’onda lunga che proviene dal 2006.
La serie B ed una squadra devastata hanno preceduto una pessima ricostruzione. Di fatto la ricostruzione non è mai iniziata, ma l’allegra comitiva del Cobolli Gigli e del nefasto Blanc, hanno procurato laceranti ferite in termini di nuovi arrivi e rispettive valutazioni, sperperando quel piccolo tesoretto che la proprietà aveva messo loro a disposizione.
Ipervalutazioni di calciatori in entrata, ed assoluta mancata conoscenza del mercato, hanno dilaniato una squadra che allo stesso tempo invecchiava negli esponenti più forti e s’indeboliva nei nuovi arrivi. Senza contare che qualche partenza si poteva pure risparmiare, vedi Criscito.
Con questi presupposti, il ritorno di Andrea Agnelli in società, nonostante possa apparire da effetto calmierante per una piazza insofferente alle sconfitte, non poteva d’immediato stravolgere le condizioni di una squadra molto lontana dalle forze organizzative, di mercato e di struttura tecnica come quelle di Inter e Milan.
E’ vero che ci si aspettava comunque di accorciare le distanze, almeno con la Roma, e di costruire una squadra che fosse superiore al resto delle concorrenti.
Purtroppo dobbiamo fare i conti con una serie di intoppi che invece ci fanno ripiombare tristemente nello scorso inverno, quando Ferrara venne esonerato e lentamente si naufragò su tutti i fronti.
La fortuna aiuta gli audaci, ma in questo momento entrambi i sostantivi non ci sono vicini. Se si vuole fare una critica seria al momentaccio che stiamo vivendo in questa stagione, non si può prescindere che la rosa, già di per sé incompleta ed inadeguata per la lotta al vertice, paga lo scotto di numerosi infortuni che ne penalizzano fortemente il rendimento ed il cammino.
Senza voler creare degli alibi in tema di vicissitudini sanitarie e di arbitraggi alquanto poco sereni, che comunque questi ultimi è utile sottolinearlo a scanso di equivoci di chi legge, non hanno determinato sconfitte ed insuccessi, ma solo considerazioni di carenza di voce del club, la squadra è entrata nell’emisfero parallelo della peggiore sfiga.
Poi è altrettanto vero che qualche errore si è continuato a farlo. In tema di mercato non si sono capite alcune valutazioni su certi acquisti, vedi Martinez, la cessione di Trezeguet, il pessimo intervento sull’inserimento di una coppia di esterni bassi di valore, l’improvviso arrivo di Toni, e per concludere, da un punto di vista diciamo "politico", l’infinita pazienza nell’attendere risposte sull’esposto presentato in termini di giustizia sportiva.
In tutti i modi, questo non è il momento di prendersela né col tecnico, né con i giocatori.
Probabilmente è il momento di forzare la mano per pretendere maggiore attenzione da parte della proprietà, affinchè, sebbene sia l’anno zero-bis della ricostruzione, di errori nei prossimi mesi non ce ne siano più, senza dimenticare che per vincere servono i Pazzini e gli Ibrahimovic.
Può apparire noioso e ripetitivo, ma non si può non iniziare un’analisi senza scomodare l’onda lunga che proviene dal 2006.
La serie B ed una squadra devastata hanno preceduto una pessima ricostruzione. Di fatto la ricostruzione non è mai iniziata, ma l’allegra comitiva del Cobolli Gigli e del nefasto Blanc, hanno procurato laceranti ferite in termini di nuovi arrivi e rispettive valutazioni, sperperando quel piccolo tesoretto che la proprietà aveva messo loro a disposizione.
Ipervalutazioni di calciatori in entrata, ed assoluta mancata conoscenza del mercato, hanno dilaniato una squadra che allo stesso tempo invecchiava negli esponenti più forti e s’indeboliva nei nuovi arrivi. Senza contare che qualche partenza si poteva pure risparmiare, vedi Criscito.
Con questi presupposti, il ritorno di Andrea Agnelli in società, nonostante possa apparire da effetto calmierante per una piazza insofferente alle sconfitte, non poteva d’immediato stravolgere le condizioni di una squadra molto lontana dalle forze organizzative, di mercato e di struttura tecnica come quelle di Inter e Milan.
E’ vero che ci si aspettava comunque di accorciare le distanze, almeno con la Roma, e di costruire una squadra che fosse superiore al resto delle concorrenti.
Purtroppo dobbiamo fare i conti con una serie di intoppi che invece ci fanno ripiombare tristemente nello scorso inverno, quando Ferrara venne esonerato e lentamente si naufragò su tutti i fronti.
La fortuna aiuta gli audaci, ma in questo momento entrambi i sostantivi non ci sono vicini. Se si vuole fare una critica seria al momentaccio che stiamo vivendo in questa stagione, non si può prescindere che la rosa, già di per sé incompleta ed inadeguata per la lotta al vertice, paga lo scotto di numerosi infortuni che ne penalizzano fortemente il rendimento ed il cammino.
Senza voler creare degli alibi in tema di vicissitudini sanitarie e di arbitraggi alquanto poco sereni, che comunque questi ultimi è utile sottolinearlo a scanso di equivoci di chi legge, non hanno determinato sconfitte ed insuccessi, ma solo considerazioni di carenza di voce del club, la squadra è entrata nell’emisfero parallelo della peggiore sfiga.
Poi è altrettanto vero che qualche errore si è continuato a farlo. In tema di mercato non si sono capite alcune valutazioni su certi acquisti, vedi Martinez, la cessione di Trezeguet, il pessimo intervento sull’inserimento di una coppia di esterni bassi di valore, l’improvviso arrivo di Toni, e per concludere, da un punto di vista diciamo "politico", l’infinita pazienza nell’attendere risposte sull’esposto presentato in termini di giustizia sportiva.
In tutti i modi, questo non è il momento di prendersela né col tecnico, né con i giocatori.
Probabilmente è il momento di forzare la mano per pretendere maggiore attenzione da parte della proprietà, affinchè, sebbene sia l’anno zero-bis della ricostruzione, di errori nei prossimi mesi non ce ne siano più, senza dimenticare che per vincere servono i Pazzini e gli Ibrahimovic.