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venerdì 28 gennaio 2011

Smarrimento bianconero



Sono cinque anni di errori ed orrori.
Non è certo la giusta eliminazione di ieri sera in coppa Italia contro la Roma a creare smarrimento nell’animo del tifoso juventino, ma tutto un corollario di interventi, decisioni, strategie e progetti, che messi uno di fianco all’altro sarebbero meritevoli di aggiungersi ai tanti sacchi di lordume posti all’aperto di qualche via nella bella Napoli.
Del resto gli errori si pagano e la Juve li sta pagando a caro prezzo.
Ma dell’emisfero della famiglia Agnelli, solo la Juve paga dazio.
Se la genesi di farsopoli è stata costruita a tavolino a Milano, possiamo affermare che Torino è complice.
Il primo errore consumato dall’imberbe John Jacob Philip Elkann, è stato quello di accettare come venisse colpita la squadra di suo nonno e di suo zio senza opporre alcuna resistenza. Ma quanto accaduto nel 2006, non è stato solo un atteggiamento passivo della proprietà, ma un vero e proprio interventismo autolesionista che ha sancito di fatto la cancellazione del club dalla stretta schiera delle grandi del calcio mondiale.
Periodi di crisi, di mancanza di vittorie, possono capitare a tutti ed in qualsiasi momento, ma quando queste sono frutto di un intervento chirurgico architettato a tavolino come la farsa del 2006, a cui hanno fatto seguito le scelte scellerate di casa Agnelli, lo sfracello è garantito.
La Juve è stata condannata e mercanteggiata per avere sostegni in altri comparti. Non si può non pensare alla Fiat che già nel 2006 contrabbandò aiuti dal governo Prodi. Non si può non pensare alla rinuncia al Tar perché il campionato doveva partire perché legato ai milioni di Sky.
Da allora abbiamo assistito all’elogio dell’idiota di turno che è passato sotto la Mole, incompetente, freddo, disinteressato alla causa bianconera, sostenuto ed assistito anche dalla complicità di noi tifosi, che ci siamo fidati di gente che ha preferito Poulsen a Xabi Alonso, ha preso Grygera e Motta che farebbero panca anche a Grosseto.
La Juve di oggi somiglia sempre più ad un conte caduto in disgrazia, che preferisce grattarsi le pulci di nascosto, ma passeggia orgoglioso mostrando lo stemma del suo nobile casato, incurante se qualcuno non lo degna neppure di alcuna riverenza.
Persino l’investitura di Andrea Agnelli, che aveva portato tanto entusiasmo la scorsa primavera, si è raffreddata tantissimo, lasciando spazio alla maliziosa idea di un repulisti di facciata, per togliere dall’imbarazzo il cugino John Jacob Philip e consentire alla famiglia di continuare ad operare in assoluta tranquillità.
E non si dica come ha dichiarato ieri Oscar Damiani che nei prossimi cinque anni la Juve sarà il club all’avanguardia perché l’unico italiano ad avere uno stadio proprio.
Non è sufficiente. In Inghilterra il Newcastle l’anno scorso era in championship nonostante il bellissimo stadio di sua proprietà.
E’ inutile continuare a trastullarsi su sogni puntualmente disillusi dalla realtà.
Occorre che la famiglia Agnelli (o ciò che ne rimane) si faccia un esamino di coscienza e ci dica quali intenzioni abbia. E’ necessario che ci sia un dirigente sullo stile di Antonio Giraudo, affinchè si riprenda un cammino serio, un cammino da Juve.

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