martedì 10 maggio 2011
Grazie John!
Terminata la stagione delle finali, adesso apriamo a quella del calciomercato.
Il nuovo corso della famiglia Juventus, quella voluta da John Elkann, è pronto a mettersi alle spalle le troppe finali fallite di questo imbarazzante campionato, e tuffarsi nelle speranzose letture di papabili acquisti. Nei prossimi giorni dovremmo passare da un Aguero ad un Tevez, suonando qualche fanfara sui viaggi di Marotta, per darci l’idea di costruire la prossima stagione ricca di fasti, glorie e stadio nuovo.
Una volta c’era l’annus horribilis, con la Juventus lontana dallo scudetto nelle ultime giornate, ma sempre nei primissimi posti in classifica. Adesso scopriamo il lustro horribilis. A quando la decennale?
Per lo juventino standardizzato, schiacciato tra le letture della Gazzetta, ma anche dall’alternarsi dei colpevoli in prima pagina di tuttosport, il motto potrebbe essere “addà passà a nuttata”, ma per quello senza omologhe, la rabbia è insostenibile.
L’avvento di John Elkann ha distrutto il nostro orgoglio. E’ lui il vero colpevole. Ci ha lasciati soli, si è liberato per chissà quali motivi dalla presenza di Giraudo e Moggi incapaci di perdere, e ci ha donato il sorriso della modestia.
Invece noi tifosi della Juventus, non so se maggioranza o minoranza, siamo rimasti attenti a prendercela con i diversi allenatori che si sono alternati sulla panchina bianconera in questi cinque anni, esponendoli al pubblico ludibrio, tacciandoli di incapacità a farsi carico del buon nome della Juventus, definendoli come tecnici di seconda e terza fascia, e non abbiamo mai avuto l’impazienza di affrontare a muso duro l’imberbe ingegnere, il cui unico pregio è quello di essere l’erede di Uomini capaci e passionali.
Sono sicuro che in un ipotetico sondaggio ieri sera, su chi si sentiva sicuro della vittoria quando Matri aveva infilato Sorrentino per il 2 a 0, la percentuale degli incerti era comunque alta. E’ facile scriverlo adesso, ma mio figlio è testimone. Mentre lui girava per la stanza tra una danza di festa ed uno scongiuro contro il papà che lo invitava alla calma pensando al Catania, quella Juve in campo rotolava sotto i colpi del Chievo Verona.
Prepariamoci allora ad una estate di nomi, cognomi, proclami, speranze per il futuro. Disponiamoci pazienti a subire questo cambio radicale oramai consumato sulla nostra pelle, nel frattempo cambiata anche si colore, dove al nero, il bianco volge verso l’azzurro, e dove i protagonisti delle barzellette siamo noi.
Senza dimenticare che anche l’altra partita, quella del tribunale di Napoli, potrebbe avere nella prossima settimana, un finale come Catania e Chievo.
Grazie John!
lunedì 11 aprile 2011
Vittoria importante, ma squadra volubile
La fiammella della speranza per un posto in champions league rimane accesa. La sconfitta dell’Udinese in casa contro la Roma, e la vittoria della Juve contro il Genoa la tengono ancora viva. La gara di ieri pomeriggio a Torino, se considerata sotto l’aspetto emotivo, dovrebbe dare entusiasmo all’ambiente ed alimentare ulteriormente lo spogliatoio di maggiore fiducia nei propri mezzi. L’aver recuperato due volte lo svantaggio e l’aver strappato i tre punti con la zampata vincente di Luca Toni, costituisce senza alcun dubbio una prova di grande conforto nella coesione del gruppo. Ma è anche vero, che questa Juve, in tempi ancora non sospetti e targata Quagliarella procedeva quasi a braccetto con la comitiva delle squadre in lizza per lo scudetto. Mi riferisco all’incredibile rete dell’ultimo secondo che Milos Krasic siglò contro la Lazio e che avrebbe dovuto iniettare tanta linfa e fiducia nel gruppo, ma che si scontrò col successivo pareggio di Verona contro il Chievo. E allora è il caso di prendere atto che questa Juve ha accorciato le distanze dal quarto posto in classifica, ma occorre altresì prendere atto che certe situazioni, che potrebbero ulteriormente spingere la squadra ad ottenere il massimo, potrebbero crollare quando l’entità costruita non è molto solida. E questa Juve possiede una solidità è a corrente alternata. Anche ieri pomeriggio, nonostante il primo svantaggio sia arrivato più per sfortuna che per merito altrui, abbiamo assistito ad un macht, dove gli errori difensivi della squadra di Del Neri sono stati evidenti e continui, dove a centrocampo Aquilani continua ad offrire prestazioni altalenanti, e dove lo stesso tecnico a volte ci mette del suo con frequenti spostamenti che hanno l’effetto di creare più confusione a se stessi che agli altri. Senza dimenticare che anche l’avversario non ha dimostrato grande valore, se non solo con riferimento ad una gara tatticamente ordinata, ma di modesto spessore tecnico. Al di la della flebile speranzuola di poter lottare per un posto champions, al macht contro il Genoa va dato una contestuale duplice lettura: la vittoria per come è stata ottenuta, rende l’ambiente più tranquillo e lo spogliatoio più euforico, ma la volubilità di questa squadra, con imbarazzanti blackout di movimenti soprattutto nella fase difensiva, la rendono ancora molto fragile.
giovedì 7 aprile 2011
Il lumicino del neo provinciale
giovedì 31 marzo 2011
L'insostenibile leggerezza dell'essere ...juventino
lunedì 14 marzo 2011
Finale di coppafatevoi, Juve - Brescia
Dopo tre sconfitte consecutive, la Juventus conquista un punto prezioso a Cesena. A questo punto la salvezza è quasi matematica.
Al di la della facile ironia, risulta grottesco questo ricorso a proclami settimanali sulle finali, anche perché, da un mero punto di vista storico, le finali non sono proprio nelle caratteristiche del nostro dna.
Il pareggio contro il Cesena è stato giusto, con i romagnoli che hanno avuto ghiotte occasioni da rete nel corso della gara.
Al compitino di sufficienza svolto dal centrocampo bianconero, abbiamo potuto constatare una difesa debole, tagliata come il burro ed infilata più volte per vie centrali. L’aver giocato per quasi un’ora in inferiorità numerica, non ci ha certo aiutato a mantenere il doppio vantaggio acquisito, ma se l’espulsione di Motta è parsa eccessiva, quella precedente non sanzionata di Buffon era sacrosanta.
E’ veramente difficile parlare di calcio giocato per una Juve in netta crisi. Ma altrettanto inutile chiedere la testa del tecnico. Neppure Capello riuscirebbe ad ottenere qualcosa di più.
Tuttosport deve vendere copie di giornali e lo si nota dai propri titoli. Non potendo parlare della squadra, si occupa di Del Neri ed ogni giorno ci snocciola nomi di un mercato chiuso e senza soldi. La Juventus s’indigna contro il quotidiano di Torino, ma diretto da un’ex gazzettaro in piena calciopoli ed ecco uscir fuori una guerra tra poveri che sposta l’attenzione dai veri problemi: la società e con essa la proprietà.
Sono passati ormai cinque anni da calciopoli, ed i tasselli delle operazioni in casa madama, s’incastrano perfettamente tra di loro; la famiglia degli Eredi Agnelli & c., ha trattato molto male il giocattolo di famiglia. Se con l’investitura a presidente di Andrea Agnelli, si voleva recuperare un rapporto ormai insanabile tra tifosi e cugino John, l’operazione ha raggiunto il suo obbiettivo. Anche il sottoscritto ci ha creduto, illudendosi per un ritorno al passato in chi era nel 2006 a capo di quel glorioso squadrone.
Ma purtroppo si è trattato solo di una malinconica illusione.
Questa proprietà è attenta ad altri eventi. E’ stata complice di calciopoli col proprio immobilismo, con le proprie incomprensibili rinunce e persino con le scellerate richieste profferite in udienza per bocca dall’avvocato Zaccone.
Forse in corso Galfer pensavano di ricostruire in fretta quanto meno un ritorno verso l’alta classifica del mediocre campionato nostrano, per riuscire a far passare la farsa nel dimenticatoio, ma anche le strategie di mercato si sono rivelate deleterie.
E allora aspettiamo fiduciosi la prossima finale contro il Brescia, anche perché, su cinque partite, una si dovrebbe pure vincere.
Adesso sotto col Brescia!
mercoledì 9 marzo 2011
Accendi una stella, uccidi un’anima
Il 2006 è stato il vero spartiacque tra la Juventus dominatrice per poco più di cento anni, ed il sopravvenuto baratro conseguente a calciopoli.
Facce nuove, nuovi dirigenti, discendenti di una razza forte, non sono stati capaci di difendere un club glorioso.
Hanno sperato che il campo potesse restituire nel termine di un quinquennio, quella squadra dominatrice sia in Italia che in Europa. Invece, hanno tutti sbagliato.
La realtà si è rivelata completamente diversa. Lontano dalla stanza dei bottoni la Juve ha perso terreno in diversi campi.
In Federazione hanno riso di noi e delle lettere della coppia Cobolli Gigli – Blanc. Si muovono con cautela anche per l’esposto. Sul mercato abbiamo perso quei contatti che consentivano alla squadra di contare su rinforzi sicuri, piuttosto che su ripieghi sciagurati.
Nel frattempo la vecchia guardia, quella che accettò di scendere in serie B, ha fatto i conti con la propria carta d’identità, con gli acciacchi di una vecchiaia sportiva che non perdona anche se continui ad avere un fisico integro e da vero atleta.
La Juventus è stata uccisa due volte. Sul campo ed a tavolino.
Se a Luciano Moggi hanno ucciso l’anima quel 14 maggio 2006, a noi tifosi bianconeri hanno violentato la storia, hanno deriso la nostra appartenenza, hanno reso grigie le nostre giornate di appassionati.
Non c’è luce. Il buio tunnel appare anche lungo e minaccioso, con una ricostruzione tecnica troppo costosa per essere vera e breve, ed un processo di Napoli che rischia di incagliarsi definitivamente tra le maglie di una giustizia che riesce a premiare spesso i furbi.
Se i PM Narducci e Capuano dovessero farcela a far ricusare l’intero collegio della nona sezione del tribunale di Napoli con la giudice Casoria in testa, anche questa speranza di riabilitazione verrà mortificata, soprattutto se la Juventus continuerà ad avere un atteggiamento prudente in sede sportiva.
Allora forse, sarà il caso di riporre le bandiere, disdire Sky, mediaset o chi vi pare, perché oltre all’anima, avranno ucciso anche la passione.
domenica 27 febbraio 2011
Dodici finali, undici, dieci. Una sofferenza
L’immagine è quella che diede Susanna Agnelli in piena calciopoli: “La Juventus è una puttana alla quale si continua a volerle bene.”
Una frase tutta da decifrare proprio perché fu rilasciata nel giugno 2006. Una frase che si adatta oggi ai risultati di questa squadra, uscita malconcia dalle ultime due giornate di campionato.
La Juventus è rimasta come una puttana di quei bordelli, che s’aggiusta dopo un appuntamento importante e ritorna nello squallore di una vita difficile.
Dopo la festa Inter, il grigiore Lecce e Bologna. La Juve di una volta avrebbe fatto il contrario.
Sabato prossimo torneremo a parlare di un’altra serata amara, sotto i colpi di Ibra e Cassano.
E’ stato detto e ripetuto tante volte. Il pesce puzza dalla testa.
Andrea Agnelli ha riportato in chi scrive l’entusiasmo di un ritorno al passato. Un legame strettissimo col 2006, ma purtroppo i risultati sono diversi. Molto diversi con la certezza che la Juve non può passare da “under construction” di lungo periodo.
L’ambiente è distrutto. Del Neri mostra il lato amletico delle sue scelte. Ieri sera con Martinez e Iaquinta abbiamo regalato un tempo. Poi nei successivi 45 minuti, il tecnico di Aquileia ha consumato la confusione più atroce in una squadra psicolabile, inserendo tre punte, svuotando il centrocampo e lasciando l’allegria in difesa.
Le dichiarazioni del dopo partita fanno paura. Del Neri è in manifesta difficoltà, Marotta pensa al riscatto contro il Milan, che è tipico di una squadra provinciale e che vuole nascondere i problemi.
Quello con le idee chiare a dallo stile vecchia Juve? Felipe Melo: “Bisogna stare zitti e dimostrare di essere uomini”.
Un po’ di silenzio non guasta, compreso Anche Andrea e le 12 finali.
E’ proprio vero, facciamo silenzio!