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mercoledì 9 marzo 2011

Accendi una stella, uccidi un’anima



Il 2006 è stato il vero spartiacque tra la Juventus dominatrice per poco più di cento anni, ed il sopravvenuto baratro conseguente a calciopoli.
Facce nuove, nuovi dirigenti, discendenti di una razza forte, non sono stati capaci di difendere un club glorioso.
Hanno sperato che il campo potesse restituire nel termine di un quinquennio, quella squadra dominatrice sia in Italia che in Europa. Invece, hanno tutti sbagliato.
La realtà si è rivelata completamente diversa. Lontano dalla stanza dei bottoni la Juve ha perso terreno in diversi campi.
In Federazione hanno riso di noi e delle lettere della coppia Cobolli Gigli – Blanc. Si muovono con cautela anche per l’esposto. Sul mercato abbiamo perso quei contatti che consentivano alla squadra di contare su rinforzi sicuri, piuttosto che su ripieghi sciagurati.
Nel frattempo la vecchia guardia, quella che accettò di scendere in serie B, ha fatto i conti con la propria carta d’identità, con gli acciacchi di una vecchiaia sportiva che non perdona anche se continui ad avere un fisico integro e da vero atleta.
La Juventus è stata uccisa due volte. Sul campo ed a tavolino.
Se a Luciano Moggi hanno ucciso l’anima quel 14 maggio 2006, a noi tifosi bianconeri hanno violentato la storia, hanno deriso la nostra appartenenza, hanno reso grigie le nostre giornate di appassionati.
Non c’è luce. Il buio tunnel appare anche lungo e minaccioso, con una ricostruzione tecnica troppo costosa per essere vera e breve, ed un processo di Napoli che rischia di incagliarsi definitivamente tra le maglie di una giustizia che riesce a premiare spesso i furbi.
Se i PM Narducci e Capuano dovessero farcela a far ricusare l’intero collegio della nona sezione del tribunale di Napoli con la giudice Casoria in testa, anche questa speranza di riabilitazione verrà mortificata, soprattutto se la Juventus continuerà ad avere un atteggiamento prudente in sede sportiva.
Allora forse, sarà il caso di riporre le bandiere, disdire Sky, mediaset o chi vi pare, perché oltre all’anima, avranno ucciso anche la passione.

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